L’alluminio è presente (in concentrazioni minime) in tanti prodotti di uso quotidiano come pane, dolci e cereali, nel tè, nel cacao, nei formaggi fusi, in alcuni additivi chimici e anche nelle cialde del caffè. Senza dimenticare che lo possiamo trovare nelle pentole e nelle caffettiere in alluminio, nelle lattine delle bibite, nei tetrapak del latte, nella farina e nell’acqua. Insomma, le fonti dalle quali possiamo “accumulare” alluminio sono molteplici. Oggi L’Isola del Benessere vi propone questo articolo molto accurato della dottoressa Marina Salvi, ginecologa esperta di omeopatia, che ci guida alla scoperta dell’alluminio e delle sue possibili fonti. Buona lettura!
Alluminio e Omeopatia. Cerchiamo di capire cosa è l’alluminio, quanto è presente nella nostra vita, cosa può provocare e come possiamo aiutarci nel difenderci dai suoi danni estremamente subdoli e pericolosi. L’Omeopatia è al nostro fianco anche in queste situazioni. Sempre, con grande fiducia, sicurezza e nella più profonda consapevolezza che rimedi omeopatici come Alumina, Nux Vomica, Silicea e tanti altri potranno disintossicarci e riportare il nostro corpo alla guarigione.
Iniziamo con il riportare stralci di un lavoro pubblicato dal Ministero della Salute sulla pericolosità dell’Alluminio. E’ un po lunghetto, ma vale la pena leggerlo fino in fondo… credetemi!!
Per chi vorrà leggerlo tutto invito a cliccare sul link qui di seguito.
Sezione sicurezza alimentare del Ministero della Salute.
SEZIONE SICUREZZA ALIMENTARE – CNSA (COMITATO NAZIONALE PER LA SICUREZZA ALIMENTARE) PARERE N. 19 DEL 3 MAGGIO 2017
“Esposizione del consumatore all’alluminio derivante dal contatto alimentare”: elementi di valutazione del rischio e indicazioni per un uso corretto dei materiali a contatto con gli alimenti.
Sommario
La Direzione generale dell’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione (DGISAN) del Ministero della salute, tenuto conto dei risultati dello “Studio dell’esposizione del consumatore all’alluminio derivante dal contatto alimentare”, svolto dal Laboratorio nazionale di riferimento dei materiali a contatto con gli alimenti dell’Istituto superiore di sanità (ISS),
ha chiesto al Comitato nazionale per la sicurezza alimentare, Sezione di Sicurezza alimentare, di esprimere un parere circa la valutazione del rischio derivante dall’utilizzo di materiali a contatto alimentare costituiti da alluminio e sue leghe, per categorie di popolazione particolarmente vulnerabili (bambini e anziani).
Tale parere è finalizzato, tra l’altro, a fornire alla Direzione generale competente per la gestione del rischio nella catena degli alimenti, le indicazioni per un corretto utilizzo di tali materiali a contatto con gli alimenti.
Alluminio e omeopatia nella nostra vita
L’Alluminio, onnipresente nella nostra vita quotidiana, è uno dei metalli con riconosciuta potenziale pericolosità per la nostra salute, anche considerando la presenza diffusa in molti alimenti e in molti altri prodotti di consumo.
L’alluminio interferisce con diversi processi biologici (stress ossidativo cellulare, metabolismo del calcio, etc.), pertanto può indurre effetti tossici in diversi organi e sistemi: il tessuto nervoso è il bersaglio più vulnerabile.
L’alluminio ha una biodisponibilità orale molto bassa nei soggetti sani anche se, per contro, la dose assorbita ha una certa capacità di bioaccumulo. L’escrezione avviene essenzialmente tramite il rene; il bioaccumulo, e quindi la tossicità, dell’alluminio è nettamente maggiore nei soggetti con funzionalità renale immatura o diminuita (bambini piccoli, anziani, nefropatici).
Gli effetti sul sistema nervoso centrale e sul tessuto osseo sono principalmente osservati in soggetti a rischio esposti all’accumulo di grandi quantità di alluminio (pazienti con insufficienza renale, in dialisi, sottoposti a nutrizione parenterale, professionalmente esposte, ecc.).
Neurotossicità da alluminio
Diversi studi in passato suggerivano che l’alluminio, per la sua neurotossicità, potesse contribuire all’insorgenza della malattia di Alzheimer e di altre malattie neurodegenerative. Le più recenti pubblicazioni non hanno prodotto dati a sostegno del diretto coinvolgimento dell’alluminio nella genesi dell’Alzheimer.
Per contro l’alluminio può aumentare la morte neuronale e lo stress ossidativo a livello cerebrale; per cui non va escluso un ruolo nell’aggravare o accelerare i sintomi e l’insorgenza di patologie neurodegenerative umane.
Sulla base degli effetti neurotossici EFSA ha definito una dose settimanale tollerabile (TWI) pari a 1 mg/kg p.c./settimana, corrispondente a 20 e 70 mg di allumino/settimana, rispettivamente, per un bambino di 20 kg e per un adulto di 70 kg.
I dati disponibili indicano che i cereali e prodotti a base di cereali, verdure, bevande e formule per lattanti sono i principali determinanti dell’esposizione alimentare all’alluminio. L’acqua potabile rappresenta una fonte di esposizione secondaria. Un’ulteriore esposizione può derivare da medicinali e prodotti di consumo (ad es., prodotti per la cura personale) che contengono composti dell’alluminio.
Il parere di EFSA “Safety of aluminium from dietary intake 1” pubblicato il 22 maggio 2008, riporta che, studi con
dotti negli ultimi anni in diversi Paesi europei, hanno stimato che l’esposizione alimentare media di un adulto all’alluminio è compresa tra 0.2 e 1.5 mg/kg p.c. per settimana.
Nei bambini e nei giovani l’esposizione è più alta, variando da 0.7 a 2.3 mg/kg p.c. per settimana. Anche se i livelli di esposizione attuali potrebbero essere minori, i dati indicano una significativa probabilità di superamento della TWI, anche considerando l’esposizione aggiuntiva attraverso i prodotti di consumo. ….
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Vie di esposizione e metabolismo
Fermo restando che il CNSA si esprimerà solo sui contenuti legati all’esposizione attraverso gli alimenti, si ritiene utile ricordare, a titolo di inquadramento, che negli esseri umani le vie principali di esposizione riconosciute a questo metallo sono:
– per inalazione
– la via cutanea
– la via iatrogena – la via orale (….. e quella intramuscolare?… è sempre una via iatrogena!!)
Via inalatoria
Via inalatoria: è considerata una via minore di esposizione in soggetti non esposti professionalmente. Anche se i dati scientifici a disposizione non consentono di stabilire i valori precisi di assorbimento di questo metallo nel polmone, si è visto che nei luoghi di lavoro in cui l’atmosfera può contenere alti livelli di alluminio sotto forma di polveri e silicati scarsamente solubili, il tessuto polmonare presenta alte concentrazioni di alluminio che aumentano con l’età dei soggetti esposti.
La quantità di alluminio che si deposita nei polmoni è determinata dalla durata e dal livello di esposizione, dal volume e dalle dimensioni delle particelle inalate.
Inoltre, una porzione delle particelle contenenti alluminio che si deposita nel tratto respiratorio è bloccato dal sistema muco ciliare. Queste particelle possono mescolarsi con la saliva ed essere deglutite e assorbite nel tratto digerente. Una parte dell’alluminio inalato potrebbe anche essere assorbita attraverso il sistema olfattivo e raggiungere il SNC attraverso il trasporto assonale.
Via cutanea
Via cutanea: l’assorbimento dell’alluminio dopo esposizione per via cutanea è stato poco studiato poiché gli studi su modelli animali non hanno dato risultati attendibili.
Nel novembre 2011 l’Agenzia Francese per la Sicurezza dei Prodotti Sanitari (AFSSAPS) ha pubblicato un documento sui rischi per la salute dei consumatori relativi all’utilizzo dell’alluminio nei prodotti cosmetici. Focalizzavano la propria indagine anche sul legame tra cancro al seno ed esposizione ai prodotti antitraspiranti a base di alluminio come cloridrato.
In uno studio condotto dalla stessa AFSSAPS, si evidenzia che l’alluminio assorbito attraverso un’esposizione quotidiana ad un antitraspirante, contenente il 20% di cloridrato di alluminio (cioè il 5% di alluminio), realizzata in funzione di due scenari (su pelle normale integra e su pelle lesionata) …
immaginiamo il cavo ascellare dopo depilazione (ad esempio con rasoio o ceretta) conduce ad un tasso di assorbimento cutaneo dello 0,5% per la pelle integra e del 18% in quella lesa. Il margine di sicurezza è del 10,5 nel caso di pelle normale ed inferiore a 1 nel caso di pelle lesa …………..
Via iatrogena
Via iatrogena: questa via di esposizione comprende soprattutto l’infusione endovenosa o parenterale (quindi anche l’intramuscolare). E’ necessario adottare controlli specifici per ridurre il rischio di esposizione attraverso ognuna di queste modalità definendo il più accuratamente possibile quali gruppi di pazienti sono a rischio di un sovraccarico iatrogeno di alluminio e in quali condizioni l’alluminio rappresenta un rischio per la salute.
Una lista provvisoria di gruppi di pazienti a rischio di sovraccarico iatrogeno di alluminio dovrebbe comprendere i pazienti con insufficienza renale, i neonati e bambini, gli anziani e i pazienti in nutrizione parenterale totale domiciliare.
Quando si verifica un’esposizione all’alluminio in queste popolazioni la concentrazione di alluminio nel siero dovrebbe essere inferiore a 30 μg/L e possibilmente ancora più bassa. Sono comunque necessari ulteriori studi di approfondimento in questo versante. La concentrazione urinaria di alluminio è un altro indicatore dell’assorbimento di alluminio; il rapporto Al escreto / Al ritenuto dipende dall’integrità della funzione renale.
Via orale
Via orale: l’ingestione di alluminio attraverso il cibo, l’acqua potabile o di bevanda additivata, per fenomeni migrazionali dai contenitori e dagli utensili per la cottura, costituisce il 95% della dose giornaliera. Nel caso di introduzione di un terapeutico per tamponare l’acidità o digestivi a base di alluminio, aumenta l’esposizione.
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Alluminio e omeopatia…
Continua con la distribuzione dell’alluminio nel nostro corpo
– Distribuzione: a circa ventiquattro ore dopo la somministrazione, il 99% di alluminio nel sangue si trova nella frazione plasmatica. Questa è destinata a legarsi preferibilmente con la transferrina (complesso Al-transferrina) e la ferritina (80%) per depositarsi in milza e fegato ricchi di recettori della transferrina, ma anche all’albumina (10%).
La frazione rimanente viene trasportata da proteine a basso peso molecolare (LMW) e il complesso Al-LMW si deposita nell’osso dove i recettori della transferrina sono assenti.
Nei soggetti sani si è visto che si distribuisce soprattutto nell’osso per circa il 50% della dose assunta, nel polmone per circa il 25% e nel fegato per il 20-25%. La percentuale rimanente è distribuita in altri organi, come la milza giungendo al SNC attraverso la barriera ematoencefalica e nel feto attraverso la barriera placentare. Le concentrazioni nei tessuti e in particolare nel polmone e nell’encefalo, aumenta con l’età.
Eliminazione dell’alluminio
– Eliminazione: in generale, la maggior parte dell’alluminio ingerito non viene assorbito e viene eliminato con le feci (95%). Per quanto riguarda la frazione assorbita, il tratto urinario è la principale via di escrezione dell’alluminio (83%). L’eliminazione urinaria in soggetti con funzione renale normale è compresa tra 3 e 20 ug/L. Chelanti come l’EDTA e la deferoxamina, possono aumentare l’escrezione urinaria di alluminio. L’emivita di eliminazione, dipende dalla durata dell’esposizione e ridistribuzione dell’alluminio nei tessuti di stoccaggio e può essere di alcuni anni.
Fino ad oggi si è visto che la valutazione dei rischi per la salute associati all’esposizione all’alluminio deve affrontare una serie di sfide. Queste sono legate sia al grado di esposizione sia alla scarsa conoscenza della cinetica, del metabolismo e della tossicità delle diverse forme chimiche dell’alluminio.
Nei neonati di età compresa tra 0-3, 4-6, 7-9 e 10-12 mesi, le potenziali esposizioni alimentari provengono da alimenti e formule prodotti appositamente per i neonati. Queste sono state stimate, rispettivamente, 0.10, 0.20, 0,43 e 0,78 mg / kg di peso corporeo / settimana.
Questi dati indicano che per le formule a base di latte abbiamo un’esposizione dello 0,6 mg / kg di peso corporeo / settimana. Per quella a base di soia era dello 0,75 mg / kg di peso corporeo / settimana. Ad alti percentili di esposizione abbiamo fino 0,9 mg / kg di peso corporeo / settimana per le formule a base di latte e fino a 1,1 mg / kg di peso corporeo / settimana per quelle a base di soia.
Si è visto inoltre che in alcuni singoli marchi di formule (sia a base di latte che di soia) la concentrazione di alluminio era di circa 4 volte superiore rispetto alle concentrazioni medie sopraindicate. Quindi, portando ad una potenziale esposizione 4 volte maggiore nei neonati consumatori di tali marche. L’esposizione potenziale nei neonati allattati al seno sembra essere inferiore a 0,07 mg / kg di peso corporeo / settimana.
Alluminio in gravidanza
La deplezione di magnesio favorisce l’accumulo di alluminio. Tale fatto va seriamente considerato soprattutto durante la gravidanza e nel neonato per evitare potenziali conseguenze negative sullo sviluppo e sulla crescita. La deplezione di magnesio è di frequente riscontro anche nel soggetto anziano.
Anche la carenza di ferro può considerata un fattore di rischio elevato per l’accumulo di alluminio. Infatti il ferro e l’alluminio condividono gli stessi sistemi di trasporto (es. Transferrina).
Alluminio e omeopatia ancora più importante in questo periodo così fragile: la gravidanza.
Tossicità dell’Alluminio
La letteratura scientifica ha suggerito che l’alluminio potrebbe essere coinvolto nei pathways molecolari di alcune patologie. Soprattutto neurologiche, ma i risultati dei diversi lavori di ricerca sono spesso controversi.
Le principali manifestazioni della tossicità dell’alluminio, determinate sulla base di studi tossicologici e dati epidemiologici, sono:
– interferenza con l’utilizzo di elementi essenziali, in particolare Ca e Fe;
– interferenza con il metabolismo osseo con osteomalacia e osteodistrofia uremica danni ai tessuti in rapida proliferazione, in particolare il sistema emopoietico e il sistema riproduttivo maschile;
– nefrotossicità ove la capacità escretoria renale è compromessa;
– neurotossicità.
Quest’ultima costituisce probabilmente l’aspetto più importante della tossicologia dell’alluminio. Esso ha mostrato effetti neurotossici nei pazienti dializzati, ed è stato associato all’eziopatologia del morbo di Alzheimer e altre malattie neurodegenerative, sebbene i dati scientifici a disposizione non siano sufficienti per sostenere tale associazione.
Possibile cancerogeno?
L’alluminio non è un cancerogeno genotossico; alcuni studi sperimentali indicano però un possibile effetto di promozione tumorale.
I principali sospetti -da verificare- su un’associazione fra alluminio e aumentato rischio tumorale nell’essere umano riguardano la eventuale associazione fra tumore mammario e uso di deodoranti contenenti alluminio. Benché tale sospetto meriti certamente ulteriori indagini, la problematica esula dall’ambito e dalle competenze della Sezione.
Per contro, il passaggio transplacentare e la possibilità di effetti sullo scheletro e sul cervello indicano un possibile rischio per lo sviluppo intrauterino.
Valutazione del rischio
Come già accennato, i gruppi di popolazione più vulnerabili alla tossicità orale dell’alluminio sono quelli con diminuita capacità escretoria renale, e quindi più vulnerabili ad un accumulo del metallo nei tessuti bersaglio: anziani, bambini sotto i 3 anni, soggetti con malattie renali. Inoltre, vanno considerate fra i gruppi vulnerabili anche le donne in gravidanza, per il rischio di fetotossicità.
Secondo la valutazione di EFSA, pubblicata nel 2008, e in base a studi condotti in vari paesi europei, l’esposizione alimentare media all’alluminio di un adulto varia tra 0,2 e 1,5 mg/kg di peso corporeo per settimana (l’assunzione per settimana, invece che giornaliera, si calcola per le sostanze che bio- accumulano).
Bambini, adolescenti e neonati
Nei bambini e adolescenti, le stime variano da 0,7 a 2,3 mg/kg di peso corporeo per settimana. L’assunzione giornaliera di alluminio (in base al peso corporeo) in un bambino risulta più elevata rispetto ad un adulto; pertanto, i bambini rappresentano il gruppo di popolazione maggiormente a rischio, in quanto più esposto e, per quanto riguarda i bambini sotto i tre anni, più suscettibile.
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Nei bambini non ancora svezzati o in fase di svezzamento si stima una esposizione variabile da 0,1 a 0,78 mg di al kg di peso corporeo per settimana; i livelli relativamente elevati, che possono apparire inattesi, in un gruppo particolarmente vulnerabile, sono correlati all’uso di alimenti specifici per lattanti, quali latte liquido, latte in polvere e bevande alla soia, in cui le concentrazioni di Al variano da 0,1 mg/L nelle formule a 1,1 mg/l nelle bevande alla soia.
Un rischio specifico di intossicazione da alluminio, in età pediatrica si osserva nei pazienti con funzionalità renale compromessa non dializzati e con trattamento orale di composti contenenti alluminio.
Resta il fatto che alimenti come cereali e prodotti a base di cereali, verdure, bevande e formule per lattanti sembrano essere i principali promotori dell’esposizione all’alluminio alimentare.
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Alluminio e omeopatia anche nella tazzina di caffè
Un materiale a contatto il cui uso in aumento è che comporta un rilascio di alluminio sono le capsule per caffè, secondo un documento dell’ANSES (2013) che ha esaminato 8 marche, il rilascio massimo nel caffé è di 156 mcg/l, un valore estremo molto superiore alla media (67 mcg/l e 78 mcg/l per espresso e caffe a filtro, rispettivamente).
Prendendo il valore medio per l’espresso ed il valore massimo per un consumo di caffé medio ed elevato, pari a 50 e 100 ml/giorno (una tazzina di espresso = 25 ml), avremo nella settimana una esposizione fra i 23,5 (valore medio di rilascio e di consumo) e 109 mcg/settimana; il valore più alto in una persona di 60 kg corrisponde a 1,8 mcg/kg p.c./settimana.
Neurotossicità dell’alluminio
Per quanto riguarda la tossicità dell’alluminio l’aspetto più importante, complesso e controverso è la possibile associazione con l’aumentato rischio di patologie neurodegenerative e del neurosviluppo, in primo luogo la malattia di Alzheimer.
Tale associazione non è sostenuta da studi epidemiologici sufficientemente univoci e robusti; è tuttavia biologicamente plausibile anche se probabilmente non specifica. Gli studi disponibili indicano infatti che l’alluminio potrebbe indirettamente aumentare i fenomeni neurodegenerativi come conseguenza dell’induzione di stress ossidativo e infiammazione nel tessuto nervoso.
Alluminio e omeopatia: continuiamo a ragionare insieme.
Complessivamente l’alluminio può essere considerato un elemento con una considerevole potenza tossicologica, ma il rischio nella popolazione adulta e sana è notevolmente limitato dallo scarso assorbimento.
Va però ricordato che la dose assorbita, anche se molto piccola, può depositarsi progressivamente nell’organismo e che l’accumulo è maggiore, e l’escrezione minore ove la funzione renale è immatura o parzialmente compromessa. E’ anche plausibile un’azione additiva con altri metalli che si concentrano nel sistema nervoso e/o nell’osso (piombo, cadmio) data la somiglianza di effetti e di bersagli; questa considerazione porta un ulteriore elemento di cautela.
Potenziale rischio di bio-accumulo
EFSA, considerato il potenziale rischio di bio-accumulo del metallo, ha definito -sempre nel 2008- una dose tollerabile settimanale (TWI) di 1 mg/kg p.c./settimana. Per la sua valutazione il gruppo di esperti scientifici si è basato sul complesso di prove fornite da una serie di studi sugli animali, che indicano effetti avversi sui testicoli, gli embrioni e il sistema nervoso, nella sua fase di sviluppo e nella fase matura, a seguito di somministrazione di composti di alluminio con l’alimentazione.
Il valore della dose settimanale tollerabile (TWI) per un bambino di 20 kg di peso corrisponde a 20 mg di allumino/settimana, mentre per un adulto di 70 kg, tale dose corrisponde a 70 mg di allumino/settimana.
Tuttavia, secondo la stima dell’EFSA, una larga parte della popolazione adulta ed infantile dell’Unione Europea andrebbe incontro a livelli di assunzione superiori alla TWI.
Occorre inoltre considerare che tale stima è stata pubblicata nel 2008. Pertanto è verosimile che, grazie alle restrizioni sugli additivi a base di alluminio, alle disposizioni sui materiali a contatto con gli alimenti e all’utilizzo di alluminio anodizzato nella produzione del pentolame, che l’esposizione attuale sia cambiata.
Una stima cautelativa dell’esposizione settimanale a alluminio rilasciato dalle capsule da caffé porta ad un valore di 1.8 mcg/kg che è appena inferiore al 2% della TWI.
https://scienze.fanpage.it/perche-lalluminio-e-tossico-e-quali-sono-i-rischi-per-la-salute/